Acceso dibattito sul quotidiano londinese dopo un'intervista al docente del Bo: «Il forestierismo che impera da noi, con l'eccesso di termini inglesi magari sbagliati, dimostra provincialismo»
«Sos per la lingua italiana»
Cortelazzo conquista il Times


di Paolo Vigato

Il professor Michele Cortelazzo, docente di grammatica italiana all'università di Padova, figlio d'arte (del grande dialettologo Manlio Cortelazzo), è abituato a finire sui giornali. Anche per motivi estranei alle sue ricerche di linguista. Fu lui, presidente in un seggio, a scoprire un errore nelle schede elettorali che costrinse alla ristampa «in corsa» per rendere possibile quel voto amministrativo. Diverse volte la stampa nazionale si è occupata del suo impegno contro il burocratese nelle «pratiche» dello Stato. Questa volta ha guadagnato la prima pagina di uno dei più prestigiosi quotidiani del mondo, il britannico Times. Senza saperlo. Il giornale londinese ha infatti ripreso pari pari, con richiamo appunto in prima pagina e dedicandogli ampio spazio nel servizio all'interno (che poi ha suscitato un acceso dibattito nei giorni seguenti), un articolo pubblicato pochi giorni prima dal Corriere della Sera. Nel quale Cortelazzo, intervistato in occasione del lancio promozionale della nuova collana di corsi d'inglese del quotidiano milanese, esprimeva una serie di considerazioni sullo stato della lingua italiana.

E a colpire l'attenzione degli inglesi era stato in particolare quanto lo studioso diceva a proposito della nostrana «tendenza al forestierismo», che sempre più ampiamente ha aperto le porte all'invasione britannica, o meglio statunitense. «Una tendenza che in realtà», osserva Cortelazzo, «esiste in tutte le lingue europee. Da noi, però, c'è una più massiccia influenza di termini inglesi, anche quando potrebbero essere sostituiti con efficacia dai corrispettivi italiani: non ci si ferma a pensare se trend voglia dire la stessa cosa di "tendenza", se flop si può dire "fiasco". E una parola straniera usata a sproposito denota provincialismo. Senza contare il rischio di errori. Ora è ben vero che cl sono vocaboli, come mobbing, in cui concetto e parola nascono assieme: assurdo tradurli. Soprattutto, l'inglese ha una possibilità di sintesi che manca all'italiano. E come tradurre esattamente smog (che già in inglese nasce dalla fusione di smoke, "fumo", e fog, "nebbia")? E fitness (qualcuno, tempo fa, proponeva "attanza", senza riscuotere successo), o ancora cd, stress, e-mail, free-press ("giornale gratuito" non funzionerebbe: troppo lungo)? L'importante è non esagerare con i vezzi, e conoscere la lingua che si sta utilizzando. La mia insomma è una posizione linguistica ragionevolmente moderata: a mezza strada fra i puristi - che, con una posizione antistorica, vorrebbero a tutti i costi eliminare i forestierismi entrati nell'italiano - e i liberisti assoluti i quali, spesso per pigrizia, provincialismo o mal inteso snobismo, prenderebbero a mani larghe tutti gli anglicismi che gli si presentano di fronte, senza alcuno spirito critico».

E il forestierismo di noi veneti? «A livello di popolazione in generale», risponde Cortelazzo, «il tasso di anglicismi non è diverso da quello del resto d'Italia. C'è forse da osservare che nella nostra regione, dove la scolarità è bassa perché i giovani tendono a cominciare presto a lavorare, è più forte il fascino dell'esotico. Interessante è piuttosto notare come tra l'imprenditoria veneta, emersa spesso con successo provenendo dal basso della società, sia più forte che altrove la necessità di darsi una circolazione internazionale: per cui linguisticamente oscilla tra i due poli del dialetto e della esterofilia. "United Colors of Benetton" è un emblema e un sogno per tante piccole aziende».

«Il Mattino di Padova», domenica 15 ottobre 2006, p. 27