Michele Cortelazzo, che insegna linguistica italiana a Padova: “I tedeschi alle volte non riescono a starci dietro”
“Ma io difendo l’italiano, lingua di fumature”

ROMA - «Il lessico è la lente con cui si guarda la realtà, quindi è normale che popoli diversi abbiano parole intraducibili». Michele Cortelazzo insegna linguistica italiana a Padova ed è uno specialista della sua evoluzione.

Diverse realtà o diverse lingue?
«Ogni lingua lessicalizza il vissuto dando nomi a concetti che in altre lingue non risultano così pregnanti o focalizzati da aver diritto a un nome proprio. In qualunque lingua possiamo spiegare ogni aspetto della realtà magari, però, in maniera più laboriosa».

E i 27 baffi albanesi?
«Ci sono anche i 30 modi che gli inuit hanno per dire neve, anche se c’è chi ritiene che sia una leggenda metropolitana… Tuttavia la raffinatezza con cui io do i nomi a una serie di oggetti simili rispecchia i valori simbolici che stanno alle loro spalle».

Ci sono lingue più ricche di altre?
«Andrei cauto: le grandi lingue di cultura hanno più o meno la stessa ricchezza. Ma in certi settori alcune sono più dettagliate di altre».

Il tedesco, ad esempio, ha fama di essere lingua precisissima…
«Lo è, ma l’italiano non lo è da meno. Quando il romanzo “Porci con le ali” fu tradotto in Germania ci furono molte difficoltà per rendere tutte le sfumature del gergo sessuale. Oppure nella nomenclatura della degustazione dei vini non riescono a starci dietro. E sono solo due esempi».

(r.sta.)

«Repubblica», domenìca 23 ottobre 2005, p. 27