«Euri» e «golpi»

È una domenica, una domenica nebbiosa che mi dà tempo di pensare a cose futili come per esempio alla questione dei «Euri». Avevo letto, il 10 gennaio, il pezzo di Arianna Boria e, dopo un attimo, ne avevo colto la sottile, garbata ironia; altrimenti sarebbe stato, quasi, razzismo.

Non così è stato prima per il professor Michele Cortelazzo e poi per Sergio Trojer i quali, forse condizionati dalla satira in Rai hanno ritenuto che il pezzo fosse troppo, starei per dire, ben educato per non doverlo prendere sul serio e in proposito hanno fatto osservazioni, forse condivisibili per il primo, non così per il secondo, cui vorrei ricordare Dante, Cavalcanti e altri sconosciuti che certo non usavano il congiuntivo per il condizionale e la seconda persona singolare per la terza di cortesia (La scendi?).

E ora, per seguitare a fare ironia, mi permetto di affermare che una risposta definitiva e inappellabile, vista la levatura del personaggio che sto per citare, può trarsi da una frase, riportata da molti telegiornali, tra cui un Tg5 di lunedì 14 appena trascorso, pronunciata da un onorevole Ds secondo il quale sono da attribuire alla maggioranza «gli unici golpi». Scommetto 100 «Euri» che la lettera non viene pubblicata; se sì gradirei un giudizio del professor Cortelazzo sul mio modo di fraseggiare, che di proposito ho tenuto un poco sull’aulico.

Igino Chellini

«Il Piccolo», domenica 3 febbraio 2002