«Ma oggi l'amore non parla come Petrarca»
Non si deve più ricorrere ai poeti, spiega Michele Cortelazzo, grazie alle nuove possibilità espressive della lingua quotidiana.

«Fino a qualche decennio fa si poteva parlare d'amore solo in versi petrarcheschi o in dialetto. Oggi è possibile farlo usando lo lingua quotidiana». Secondo Michele Cortelazzo è questo il risultato finale dell'evoluzione della nostra lingua, cominciata nel Cinquecento e mai finita, dal momento che «un idioma è un organismo vivente». «L'italiano sta vivendo una fase di rafforzamento della sua dimensione informale. Il che è positivo in quanto aumenta le possibilità d'uso della lingua. D'altro canto è evidente, soprattutto nella scrittura giornalistica, lo difficoltà di trovare un modello di italiano alto. Si è insomma rovesciata lo situazione del passato: ieri era difficile trovare le parole per raccontare lo vita quotidiana, oggi quelle per raccontare lo politica, l'economia, lo realtà lontana dalla quotidianità». Il cammino dell'italiano inizia nel Cinquecento, ma è un inizio anomalo: «Mentre gli altri Paesi europei formavano le lingue nazionali su modelli contemporanei, l'Italia prese a modello la lingua del Trecento», osserva Cortelazzo. «Dopo secoli di dominio della lingua scritta», continua, «solo in questo secolo l'italiano è uscito dall'ingessatura della codificazione scritta e letteraria. Precisamente nel dopoguerra, sotto lo pressione di quattro fattori: l'aumento della scolarizzazione, lo circolazione all'estero degli italiani, lo diffusione dei mezzi di comunicazione e il passaggio della Chiesa dal latino all'italiano». Cortelazzo tende a ridimensionare il ruolo dei mass media. «L'italiano di cui si servono è una lingua molto volatile che attinge a piene mani dal parlato, ma senza modificarlo», dice. «La televisione, come d'altra parte anche la radio, recita una parte passiva: assume un linguaggio, il parlato, ma senza intervenire in maniera significativa su di esso».

E i nuovi mezzi di comunicazione? «Anzitutto bisogna evitare di assimilare e-mail, messaggi sul cellulare e chat-line. La posta elettronica è una mediazione tra lo scritto e il parlato che io definisco "dialogo sincronico scritto". Assomiglia al bigliettino che si passa al vicino di banco, ma non dà vita a uno stile proprio. I messaggi telefonici e le chat-line condividono invece una caratteristica: plasmano un linguaggio più espressivo che informativo. In altri termini, non veicolano informazioni importanti, ma stati d'animo, sentimenti, pensieri». L'effetto complessivo è il cambiamento delle condizioni della comunicazione, vale a dire lo moltiplicazione delle possibilità di comunicare. E non tanto una trasformazione della lingua.

«Lo dimostra il fatto che il congiuntivo non accenna a scomparire: nella lingua scritta viene preferito all'indicativo nell'80 per cento dei casi, in quella parlata nel 50 per cento». Quindi l'italiano del 2000 è più ricco o più povero di quello del passato? "Credo che le lingue siano sempre ugualmente ricche», dice Cortelazzo. «Certo, la sintassi diventa via via meno complessa. Il che è un bene, se non si supera quella soglia oltre la quale c'è il semplicismo». Allo stesso modo, lo diffusione planetaria e crescente dell'inglese deve far paura solo nella misura in cui scade nell'ibridismo: «Il pericolo è la commistione tra italiano e inglese che nasce sotto il segno dell'inerzia, della pigrizia, per cui non ci si pone più il problema di come chiamare una certa cosa in italiano».

Paolo Perazzolo

«Famiglia Cristiana», 12 novembre 2000, p. 109