Cronache linguistiche
Quando l’eufemismo manipola la drammatica verità


A margine del terribile incidente ferroviario di giovedì scorso a Pioltello c’è una piccola questione linguistica. Trenord, subito dopo l’incidente, ha informato che la circolazione era interrotta «a causa di un inconveniente tecnico a un treno». A sua volta Trenitalia ha comunicato, in nottata, che «la circolazione è rallentata nella stazione di Pioltello sulla linea Milano/Brescia dalle ore 23:43 del 25/01/2018 per lo svio di un treno di altra impresa ferroviaria». Sono due esempi di pessime abitudini comunicative delle società ferroviarie italiane, rese più gravi dalla drammaticità della situazione che ha generato i due comunicati.

Il secondo è il caso meno significativo. Se lo vediamo dal punto di vista della verità, il comunicato è ineccepibile: il treno deragliato («sviato» secondo la terminologia tecnica delle ferrovie, non condivisa, però, dai destinatari del comunicato) era di Trenord, anche se le conseguenze sulla linea ferroviaria ricadono su tutti i treni. Ma è un particolare che andava sottolineato? Direi di no, perché si tratta di un dettaglio irrilevante per lo scopo del comunicato (che consiste nell’informazione che sulla linea Brescia-Milano sono prevedibili dei ritardi). Il fatto che il treno «sviato» non fosse di Trenitalia è certamente importante per l’azienda: vuol dire «non siamo stati noi». Ma, a parte il fatto che dalle prime notizie pare che il disastro sia avvenuto per un problema alla linea ferroviaria (che non è né di Trenitalia, né di Italo, né di Trenord), è proprio il caso, in un momento di lutto, sottolineare puntigliosamente la competizione tra aziende? Non sarebbe stato più rispettoso tacere, per una volta, ogni riferimento aziendale?

Ancora peggiore, però, è il comunicato di Trenord. Quello di Pioltello è un incidente, un grave incidente, un terribile incidente, un drammatico incidente, e si potrebbero trovare altre espressioni. Ma certamente non un «inconveniente tecnico». Come ho letto su Facebook, «non si farfuglia con la comunicazione nei momenti di crisi. Non si mente agli utenti». Il guaio è che non si tratta di un farfugliamento dovuto allo shock, che in una circostanza come questa può colpire anche i responsabili della comunicazione, ma del rispetto di linee guida tanto precise, quanto inopportune. L’avevamo scoperto qualche anno fa, in casa Trenitalia, questa volta, quando una capotreno è stata multata (per una cifra bassa, a dire il vero, ma è il principio che conta), perché ha usato la parola «guasto» invece della prescritta espressione «controllo tecnico». Così come i capotreno non possono parlare di «incendio», ma solo di «intervento dei Vigili del fuoco», né di «ostacolo», ma di «ingombro». Il tutto per non creare ansie e paure, si giustificò allora Trenitalia, aggiungendo che queste scelte di comunicazione erano state prese in pieno accordo con le associazioni dei consumatori.

Credo che chi viaggia si senta offeso da queste scelte delle società ferroviarie, perché viene trattato da bambino al quale bisogna edulcorare la verità, per non generargli anse, immotivate o motivate che siano. In realtà il viaggiatore è il fruitore di un servizio e ha diritto a un rapporto comunicativo leale e trasparente con il fornitore di quel servizio. Con buona pace delle associazioni dei consumatori, che in questo caso tutelano poco i diritti dei viaggiatori, l’uso di questi eufemismi può essere definito solo in un modo: «manipolazione linguistica» o, con Gianrico Carofiglio, «manomissione delle parole».

«Corriere del Ticino», lunedì 29 gennaio 2018, p. 21