Cronache linguistiche
Monitorare i forestierismi nel momento del primo ingresso


Nel sito dell’Enciclopedia Treccani escono, a cadenza mensile, degli “speciali” sulla lingua italiana (http://www.treccani.it/lingua_italiana/ speciali/): esperti in campo linguistico, di varia estrazione (linguisti, scrittori, traduttori, comunicatori), contribuiscono alla discussione su un argomento monografico. L’ultimo tema trattato è stato un tema piuttosto controverso, quello degli anglicismi. Si sono affiancate opinioni totalmente liberiste, voci che esprimono la necessità di governare il processo di introduzione degli anglicismi, pareri più critici sugli esiti della tendenza di introdurre neologismi di origine straniera.

È un tema certamente delicato. Da una parte, tutte le lingue hanno ricorso, e ricorrono, al patrimonio lessicale di altre lingue per arricchire il proprio vocabolario. Roberta D’Alessandro, ordinaria di linguistica italiana all’Università di Leida, ha ricordato che parole come colpo di mano, iceberg, manovra, massacro, nord, rotta, salvataggio, scialuppa, sport, tafferugli, zar (parole con cui ha costruito un piccolo testo) derivano da lingue straniere, anche se ormai le sentiamo come pienamente appartenenti al lessico italiano, e di alcune di queste non sospettiamo neppure lontanamente l’origine straniera.

A sua volta Giovanni Iammartino, storico della lingua inglese, ha ricordato il paradosso delle azioni di boicottaggio dei forestierismi intraprese dal regime fascista: il regime lottava contro l’influsso straniero, ma lo faceva usando un forestierismo, appunto boicottaggio.

Da una prospettiva del tutto diversa, Mihai Mircea Butcovan, scrittore rumeno che vive in Italia, si è chiesto se davvero siamo convinti che l’esercito di parole inglesi che oggi usiamo nei discorsi in italiano possa essere considerato un esercito liberatore e ricorda una frase di Lettera da una professoressa dei ragazzi della scuola di Barbiana: «bisognerebbe intendersi su cosa sia la lingua corretta. Le lingue le creano i poveri e poi seguitano a rinnovarle all’infinito. I ricchi le cristallizzano per poter sfottere chi non parla come loro». Credo che sia proprio questa, sia pure in senso lato, la questione. Le lingue le creano i parlanti, i quali hanno il potere di inserire nella loro lingua tutti i forestierismi che vogliono. Ma sono davvero i parlanti, nella loro generalità, a dominare l’introduzione dei forestierismi, o sono centri di potere politico e potentati commerciali ed economici a imporla? E non per una ragione innocente, ma per manipolare, magari anche inconsapevolmente, l’opinione pubblica: non è un caso che molti dei forestierismi adottati dalla politica negli ultimi anni designino proprio questioni delicate, sensibili, controverse (foreign fighters, jobs act, quantitative easing, spending review, spread, stepchild adoption. voluntary disclosure).

Per questo anch’io ho aderito al gruppo Incipit che si è costituito nell’ambito dell’Accademia della Crusca, anche per iniziativa di Coscienza svizzera. Il suo obiettivo è quello di monitorare i forestierismi nel momento del loro primo ingresso in italiano e di promuovere l’uso di corrispondenti italiani, già esistenti o creati ad hoc. “Incipit” intende svolgere un servizio a favore della comunità parlante: proporle delle alternative ai forestierismi in corso di introduzione in italiano. Poi, resta ai parlanti il potere di decretare il successo della denominazione italiana o di quella di origine straniera, o di entrambe.

«Corriere del Ticino», mercoledì 18 maggio 2016, p. 28