Cronache linguistiche
L'italiano del futuro sarà sempre più una traduzione?


Alla Camera dei Deputati si è tenuto un convegno dal titolo “L'italiano in Europa. La lingua come risorsa. A vent'anni dalla scomparsa di Gianfranco Folena”. È stata ricordata la figura di Folena, insigne filologo e studioso della lingua italiana e grande Maestro. Ma soprattutto si è riflettuto su alcuni risultati delle sue ricerche, quelle sullo spazio che l'italiano ha avuto nella storia linguistica europea e quelle sul valore culturale e sul significato della traduzione.

Il primo dei due temi ha trovato piena espressione nel libro-capolavoro di Gianfranco Folena, L'italiano in Europa, raccolta di saggi sul rinnovamento linguistico del Settecento, con i quali Folena ha cambiato l'immagine della diffusione delle lingue nel Settecento fino ad allora corrente. Quel secolo è stato sì il secolo del primato culturale della Francia, e quindi del francese, come si è sempre saputo, ma non si è trattato di un'egemonia illimitata. L'italiano, che pure ha ricevuto in quegli anni molto dal francese, è stata anche lingua di circolazione e di prestigio europei. Ha goduto di una posizione dominante nella poesia per musica, e in quanto tale era lingua che circolava correntemente nei salotti dell'aristocrazia e delle corti, soprattutto a Vienna. È stata anche lingua praticata dai massimi esponenti della cultura europea del secolo, da Mozart a Voltaire. Anzi, l'idea che quest'ultimo aveva dell'Europa linguistica del tempo era, per dirla con Folena, quella di un concerto a tre voci, nel quale il francese aveva bisogno del contrappunto di altre due grandi lingue di cultura, l'inglese e l'italiano.

Del resto, la storia delle lingue non è stata mai storia di monoliti isolati. Ogni lingua ha al proprio interno gli esiti di multiformi incontri di lingue e culture, dai quali provengono non solo i fenomeni del prestito o del mistilinguismo, ma anche la centralità della traduzione per lo sviluppo culturale dell'umanità. “È noto che all'inizio di nuove tradizioni di lingua scritta e letteraria, fin dove possiamo spingere lo sguardo, sta molto spesso la traduzione”: inizia così un'altra opera fondamentale di Folena, Volgarizzare e tradurre.

Le idee di Folena possono dare ancor oggi linfa vitale ai pensieri sullo spazio dell'italiano in Europa, sul multilinguismo, sulla traduzione, e sull'evoluzione grammaticale e lessicale dell'italiano alla luce di tutto questo. Pensando all'italiano di oggi, per esempio, possiamo anche rovesciare la frase foleniana e sostenere che nei momenti nei quali in una cultura cresce il peso della traduzione ci possiamo attendere l'imporsi di nuove tradizioni linguistiche. Sicuramente nelle comunità italofone di oggi lo spazio delle traduzioni, più o meno dichiarate, più o meno camuffate, è sempre più ampio. Non solo leggiamo molta narrativa composta in altre lingue (complice la debolezza di molta letteratura italiana), ma un gran numero di testi “pubblici” (testi normativi, ma anche testi rivolti ai consumatori, ma anche testi giornalistici e via dicendo) sono, di fatto, traduzioni. Negli ultimi tempi l'italiano proveniente dalle traduzioni è stato studiato con sempre maggiore sistematicità. Leggendo questi studi viene da porsi seriamente la domanda se l'italiano del domani non si baserà proprio sull'italiano delle traduzioni.

Michele A. Cortelazzo

«Corriere del Ticino», venerdì 2 novembre 2012, p. 33