Cronache linguistiche
A cosa serve una «Grammatica dell'italiano antico»


La lingua italiana deve molto a Lorenzo Renzi. Prima ha coordinato, con la collaborazione di Giampaolo Salvi e Anna Cardinaletti, la Grande Grammatica Italiana di Consultazione in tre poderosi volumi, uscita tra il 1991 e il 1995. La caratteristica di questa grammatica è quella di diffondere, con serietà e rigore ma nella forma più leggibile possibile, i risultati dei più sofisticati studi linguistici degli ultimi decenni.

Ora, ancora assieme al ticinese Giampaolo Salvi, ci ha dato la Grammatica dell'italiano antico, in due altrettanto poderosi volumi. Sia la Grande grammatica dell'italiano, sia la grammatica dell'italiano antico sono state edite dal Mulino. Ma perché scrivere una grammatica dell'italiano antico (e impegnarvi 36 studiosi di diverse nazionalità, con finanziamenti italiani, ungheresi, svedesi)? L'idea che molti italofoni hanno è che l'italiano sia caratterizzato da una sostanziale continuità, dalla sua fase medievale, quella delle origini, alla fase rinascimentale, quella della codificazione, alla fase moderna, quella della diffusione, alla fine, anche come lingua parlata. Si dice che un parlante dell'italiano d'oggi non abbia grandi difficoltà a leggere i testi del Trecento. Certamente per un italiano d'oggi è più facile leggere un testo medievale di quanto sia agevole per un francese d'oggi leggere un testo francese medievale. Ma non è proprio pacifico che l'italiano del Trecento sia davvero tanto simile all'italiano d'oggi.

In un celebre studio, Gianfranco Contini ha analizzato il sonetto dantesco Tanto gentile e tanto onesta pare e ha notato che quasi tutte le parole del sonetto sono ancora vive nell'italiano d'oggi, ma quasi nessuna di esse ha mantenuto il significato che aveva ai tempi di Dante. Anche la morfologia mostra differenze. È pur vero che la morfologia, con la fonologia, è il settore che meno ha subito modifiche nella storia dell'italiano, ma Dante scrive un spirito dove oggi possiamo dire solo uno spirito, usa si va per se ne va, vestuta per vestita, ogne per ogni. Ben maggiori sono le variazioni nella sintassi, al punto che Renzi e Salvi, nella loro introduzione, possono affermare, con nettezza: «uno studio attento mostra che differenze significative tra italiano antico e moderno si trovano a tutti i livelli e in quasi ogni fenomeno».

Qualche esempio di differenze sintattiche: l'uso dell'ausiliare avere in certi costrutti riflessivi (per es. Dante, nella "Vita nuova", scrive "la donna che [...] ci s'hae mostrata", per dire "la donna che ci si è mostrata"); la possibilità di non accordare il verbo essere al soggetto, se questo è posposto ("Della buona volontà di cui nasce le quattro virtù cardinali", e non "Della buona volontà di cui nascono le quattro virtù cardinali", in Bono Giamboni); il gerundio con il valore di una frase relativa (altra poesia di Dante: "ne le braccia avea / madonna involta in un drappo dormendo", cioè "che dormiva") o retto da una preposizione ("va, e in andando ascolta", e questa volta è la "Divina Commedia"); un'altra caratteristica del gerundio è quella di poter avere il soggetto, e di poterlo anteporre al verbo ("messer Bondelmonte cavalcando a palafreno [...], messer Ischiatta delli Uberti li corse adosso", in una cronaca medievale), in una posizione impossibile nei pochi casi moderni di soggetto con il gerundio. Sono solo alcuni esempi di differenze grammaticali tra italiano antico e italiano moderno. Ne consegue che non basta la competenza dell'italiano d'oggi per appropriarsi dei testi dell'aureo Trecento, quei testi che stanno alla base dell'intera cultura letteraria italiana. Leggere Dante, Petrarca e Boccaccio è qualcosa di più complesso che leggere un testo italiano con qualche piccola differenza. Nello sforzo di leggere i nostri grandi trecentisti (e anche i poeti e i narratori del Duecento) una buona competenza dell'italiano contemporaneo deve essere accompagnata da una confidenza con la grammatica, per molti versi differente, dell'italiano antico. In questo, la grammatica di Renzi e Salvi può fungere da ausilio fondamentale.

«Corriere del Ticino», martedì 12 aprile 2011, p. 40