Cronache linguistiche
Dizionario di base della lingua italiana e lessico religioso


Leggo sempre con interesse "Contrappunto", la breve nota che ogni domenica Riccardo Chiaberge, l'autorevole responsabile dell'autorevole inserto culturale del "Sole 24 Ore", scrive nella prima pagina del domenicale. Ma il 14 dicembre sono stato molto perplesso di fronte a quella che mi è parsa una solenne cantonata o una polemica pretestuosa.

Chiaberge parte dal fatto che "i bambini inglesi di oggi non sanno cosa sia un Bishop (vescovo), un Aisle (navata) o un'Abbey (abbazia), e se anche lo sanno si guardano bene dal dirlo per non turbare il vicino di banco musulmano o induista". Proprio per questo, tali vocaboli sono stati espunti dal nuovo Junior Dictionary della Oxford University Press: "via altari, monasteri, suore, parrocchie, salmi, pulpiti e vicari e altre parole della tradizione cristiana". "Stravaganze britanniche?", si chiede Chiaberge. "Non del tutto. Anche il nostro Tullio de Mauro ha operato un'analoga scrematura nel suo Dib, Dizionario di Base della lingua italiana (Paravia): 7000 lemmi divisi in tre fasce a seconda della frequenza d'uso. Anche qui, non c'è traccia di parole come abbazia, vicario, navata, sermone, abside o tabernacolo".

Detto così, sembra che De Mauro sia un iconoclasta mangiapreti, o quantomeno un seguace del più ottuso "politicamente corretto", quello che vede nel multiculturalismo non un'occasione per aumentare le conoscenze, e quindi le parole, di ognuno, ma un motivo di autocensura, culturale e linguistica, che porta a cancellare alcune parole della tradizione cristiana, invece di affiancarle a quelle della tradizione ebraica, musulmana e delle altre fedi.

In realtà, il Vocabolario di base, che è la raccolta di 7000 parole su cui si basa il Dib, è ricco di parole della cultura cristiana, e più specificamente cattolica: dagli stessi cristiano e cattolico (e anche ebreo, ma non musulmano), a bibbia, vangelo, beato, santo, angelo, miracolo, predicare, predica, battesimo, comunione, confessione (ma non cresima), parrocchia, monastero, convento, prete, suora, frate, vescovo, cardinale, papa. Dunque, proprio iconoclasta e mangiapreti De Mauro non è.

Il fatto è che l'elenco delle parole inserite nel Vocabolario di base non parte da un'iniziativa soggettiva del curatore del vocabolario, ma nasce da rilevazioni statistiche sull'uso del lessico nei parlanti italiani. Insomma, se c'è predica e non sermone è perché tutti noi usiamo relativamente spesso predica e raramente sermone. De Mauro non ha operato nessuna scrematura; a operarla sono i parlanti, che trattano con una certa frequenza solo di alcuni argomenti religiosi, i più comuni e meno impegnativi.

Ecco perché trovo ingiustificato o pretestuoso il ragionamento di Chiaberge. Non so quale sia la reale situazione del Junior Dictionary della Oxford, ma per il Dib le cose stanno come ho detto. Allora non c'è da prendersela con il vocabolario, ma con i parlanti che snobbano la parte meno comune del lessico religioso. Oppure c'è da prendersela con il Dib, ma per il suo presupposto: quello di offrire ai ragazzi dagli 8 agli 11 anni solo le parole più comuni (che peraltro sono quelle che ricoprono oltre il 90% dei testi comunemente prodotti). Potremmo discutere a lungo se si tratta di una scelta condivisibile. A favore gioca il fatto che così il bambino impara a familizziarsi con il dizionario, strumento utile ma ostico, a partire da parole che conosce; inoltre può utilizzare il Dib per giungere al traguardo della conoscenza delle parole assolutamente indispensabili per comunicare in italiano (le famose 7000); contro la constatazione che usiamo il vocabolario per cercare le parole che non conosciamo piuttosto che quelle che conosciamo o che ci capita di sentire usare da chi ci circonda.

Il dibattito, come si dice, è aperto; ma riguarda tutte le parole e non solo quelle dell'ambito religioso. E comunque asserire che De Mauro ha scremato le parole di un certa area semantica non è vero; e quello che non è vero è meglio non dirlo.

«Corriere del Ticino», lunedì 29 dicembre 2008, p. 27