Cronache linguistiche
Lo studio e l'uso della grammatica, le regole e le scelte


La grammatica dell’italiano si trova in una situazione paradossale. In ambito scientifico l’italiano è una delle lingue la cui grammatica è meglio studiata. Basti pensare alla veramente grande «Grammatica italiana di consultazione» curata da Lorenzo Renzi e pubblicata dal Mulino in tre volumi, il primo ormai quasi un ventennio fa. Un tentativo, allora unico al mondo, di coniugare il rigore di una grammatica basata su una solida teoria linguistica con una linea espositiva esemplare, fruibile anche da chi non domina la base teorica.

Però, la situazione di privilegio di cui gode lo studio grammaticale dell’italiano ha avuto difficoltà a oltrepassare i confini del sapere specialistico. Le conoscenze elaborate dai nuovi studi grammaticali non sono diventate patrimonio del pubblico colto, i tentativi di travasarle nella pratica scolastica sono rimasti circoscritti a situazioni di nicchia (anche quelli nati in territorio elevetico, come il volume di Anna Ferrari e Lorenzo Zampese, «Dalla frase al testo. Una grammatica per l’italiano», uscito da Zanichelli; mentre la bella grammatica di Mirko Tavoni, «L'italiano di oggi: educazione linguistica e grammatica», edita da Le Monnier nel 1999, non è rimasta a lungo in catalogo). La situazione va solo un po’ meglio nella didattica universitaria, dove principi e risultati della grande grammatica di consultazione sono rifluiti nella «Nuova grammatica italiana» di Giampaolo Salvi e Laura Vanelli.

Stando così le cose, si capisce perché l’allora ministra Letizia Moratti, al momento dell’emanazione della sua riforma scolastica, abbia potuto dar enfasi al proposito di rafforzare l’italiano, “soprattutto attraverso l’analisi logica”. L’affermazione di Letizia Moratti era certamente arretrata dal punto di vista della ricerca linguistica internazionale; ma andava incontro alle idee sulla grammatica tuttora correnti anche tra il pubblico colto italiano, e cioè che lo studio della grammatica trovi nell’analisi logica la migliore metodologia.

Ora, l’innovazione metodologica e concettuale dello studio della grammatica conta un nuovo tentativo, quello di Michele Prandi, che ha pubblicato, presso la Utet, «Le regole e le scelte. Introduzione alla grammatica italiana», destinata prima di tutto agli studenti universitari, ma molto utile anche a chiunque si interessi di grammatica italiana.

La base metodologica del libro di Prandi è la grammatica filosofica, uno stile di indagine che cerca di connettere le costruzioni grammaticali con le relazioni concettuali, le abilità linguistiche con le abilità cognitive, la codifica linguistica con la coerenza del ragionamento. Tutti aspetti, lo si capisce bene, difficili da affrontare dalle colonne di un giornale. C’è una cosa, però, interessante da trattare anche qui, ed è il binomio del titolo: le regole e le scelte. Sono due poli fondamentali della nostra capacità di usare la lingua, ma quando si parla di grammatica si pensa soprattutto alle prime, alle regole (in genere vediamo la grammatica come una specie di codice, simile al codice della strada, che ci dice cosa dobbiamo fare e cosa dobbiamo evitare).

Prandi, invece, ci ricorda che la grammatica in alcuni casi ci impone regole sì non negoziabili, ma in altri ci lascia ampi margini di scelta. La struttura dei suoni, delle sillabe e delle parole, per esempio, risponde a regole rigide. Ma un testo è il risultato delle scelte di chi lo ha scritto. Eppure, come sappiamo dire se una persona usa parole esistenti in una lingua oppure no, sappiamo dire se un testo è coerente e coeso, e quindi funziona bene, o se invece è una semplice accozzaglia di frasi.

Sempre, quando usiamo la lingua, rispettiamo delle regole, spesso tacite ma ben codificate nella nostra coscienza linguistiche, e facciamo delle scelte. Prandi ce lo ricorda in un titolo veramente riuscito, e sarà bene affrontare con questa idea in testa qualunque discussione sulla grammatica della nostra lingua. E anche, ovviamente, delle altre.

Michele A. Cortelazzo

«Corriere del Ticino», lunedì 29 gennaio 2007, p. 29