Cronache linguistiche
Ma a quando risale il lessico giovanile?


Il 17 ottobre in questa rubrica Maurizio Dardano ci ha offerto un articolo sui più recenti usi lessicali giovanili, e sulla reazione (spesso indirizzata “all’esagerazione e alla ricerca della trovata”) dei giornalisti, i quali spesso, come del resto tutti i non studiosi, si esaltano di fronte alle invenzioni giovanili, le raccolgono, le scrutano, le spiano. E si stupiscono ogni volta, come se fosse un fenomeno totalmente nuovo, dimenticandosi di essersi già stupiti due anni fa, e anche cinque, e anche dieci …

Ma quando nasce il lessico giovanile? La vulgata è che le prime esperienze significative di linguaggio giovanile rimontino alla Milano degli anni Sessanta, salvo poi avere una stasi negli anni a cavallo del Sessantotto e un po’ per tutti gli anni Settanta. Poi, dagli anni Ottanta, il fenomeno riprende, allargandosi via via a tutte le zone d’Italia, e a tutti i gruppi giovanili. C’è stato chi, come ad es. Edgar Radtke o Renzo Ambrogio e Giovanni Casalegno sono andati alla ricerca di tracce di lessico giovanile precedenti agli anni Sessanta (quelle che Ambrogio e Casalegno hanno felicemente chiamato “tracce di protogergalità”): ma si tratta sempre di singole parole, e non tutte tipiche del linguaggio dei giovani (spesso sono forme colloquiali, che, soprattutto nel passato, trovavano più facilmente accesso in scritture informali e giovanili: ricordo, per es., tutte le tracce di ‘parolacce’ riscontrate negli epistolari dei giovani Calvino o Pavese).

Ora un giovane allievo di Luca Serianni, Gianluca Lauta, che insegna Linguistica italiana all’Università di Cassino, ci cambia un po’ la prospettiva. Lo studioso ha recuperato alcune opere giovanili di Renzo Barbieri, milanese, nato nel 1930, scrittore, giornalista, e poi editore e sceneggiatore di fumetti (ha fondato la casa editrice “Edifumetto”, che, tra l’altro, ha pubblicato negli anni Ottanta la fortunata rivista “Il paninaro”, che contribuì a diffondere tra i giovani il lessico, in gran parte artificiale e inventato, del gruppo giovanile dei paninari). Lauta ha raccolto da queste opere un migliaio di parole giovanili, risalenti quindi agli anni Cinquanta, e le ha pubblicate, con una ben informata e argomentata introduzione, nel volume I ragazzi di via Monte Napoleone (Milano, Franco Angeli).

Ne risulta un bel cambiamento della prospettiva da cui si guarda al linguaggio giovanile: da una parte perché retrodata agli anni Cinquanta la presenza di un organico lessico giovanile (sia pure usato solo dai Montenapy, cioè i giovani ricchi milanesi, che frequentavano via Napoleone e dintorni); dall’altra perché ci fa scoprire che parole che sembrano recenti, e comunque tipiche dei giovani d’oggi, rimontano già a quegli anni. Tanto per fare un esempio, il verbo sgamare, che sembra una novità, nel linguaggio giovanile, degli anni Novanta, si trova già in Barbieri, anche se forse con un fraintendimento del significato già in uso a quei tempi (“Buongiorno, alla sala! Ho sgamato (lavorato) tutt’oggi come una lepre e adesso mi sento di piombo”).

Ad essere attestati già da allora sono anche i meccanismi tipici di formazione delle parole gergali, dagli accorciamenti (lo stesso nome dei montenapy, cafo ‘cafone’, mamy, papy, sfort ‘sfortunato’) alle iperboli (da affogare, da morire per dire ‘eccezionale’, era nella locuzione sono ere per dire ‘da tanto tempo’, esalare per ‘dire’).

Quello che cambia, ovviamente, è l’orizzonte di cultura materiale rappresentato dal lessico: c’era il bikini, forse allora indumento peccaminoso, e siamo arrivati, anche in spiaggia e in piscina, al perizoma; c’era il giradischi, ora siamo all'Mp3, dopo essere passati per i mangiadischi, mangianastri e i mangiacassette; c’era l’aperitivo (l’irapmac ‘Campari’, o il Bellini, allora ancora voce di èlite, se Barbieri sente il bisogno di spiegare cosa sia), ora, almeno nel Nordest, c’è lo spritz, quando non alcolici più forti, o forme molto più pesanti di sballo.

Michele A. Cortelazzo

«Corriere del Ticino», lunedì 6 novembre 2006, p. 30