Cronache linguistiche
La Crusca per voi


Dal 1990 l'Accademia della Crusca ha aggiunto al novero delle sue note e prestigiose pubblicazioni una rivista unica sia nel panorama culturale italiano sia nella stessa storia della pluricentenaria Accademia: è il semestrale, e gratuito, «La Crusca per voi», ovvero, come chiarisce il sottotitolo, il «Foglio dell'Accademia della Crusca dedicato alle scuole e agli amatori della lingua». Si tratta, in sostanza, di una maxi-rubrica di «posta dei lettori», nella quale gli Accamedici rispondono alle curiosità, dubbi, richieste di consulenza linguistica che scolaresche o singoli parlanti rivolgono alla Crusca.

Il periodico è senza dubbio importante e interessante, e non tanto (non solo) per le risposte che gli Accademici della Crusca danno ai singoli quesiti, con la prevedibile competenza e con un forse meno prevedibile buon senso linguistico (meno prevedibile, intendo, per chi avesse ancora un'idea stereotipa della Crusca come covo di attardati puristi e di strenui difensori di fasi arcaiche della nostra lingua); lo è prima di tutto per le domande che vengono poste: riusciamo, infatti, a sapere quali sono i settori che più mettono in crisi i parlanti italiani, i problemi che il movimento dell'italiano odierno pone con maggior forza ai propri utenti.

Ebbene, le domande sono le più varie. La presenza di alcune è altamente prevedibile (ad es. quelle relative all'area del pronome, settore morfologico in corso di ristrutturazione: quando si usa lui e quando egli? È corretto usare gli al posto di (a) loro? Si può usare che in funzione di complemento di tempo?; oppure quelle relative alle concordanze a senso o all'accordo del participio passato: «qualcuno ci ha aiutato», o «qualcuno ci ha aiutati?»); altre mostrano una buona attenzione all'uso linguistico contemporaneo (si chiedono pareri sul sempre più frequente utilizzo, in uso estensivo, di scenario - ad es. «lo scenario internazionale», «lo scenario politico»; sulla reggenza dei verbi attenere, inerire, afferire, spesso usati come transitivi; sull'uso estensivo di dribblare). Non mancano, ed anzi aumentano nel più recente numero della rivista, domande sulla storia della nostra lingua (nella scelta del dialetto su cui basare l'italiano, il veneto ha mai insidiato il toscano?, perché nel mondo della musica si «parla italiano»?), o domande per così dire sui massimi sistemi (i neologismi fanno perdere l'individualità all'italiano? l'uso sempre più esteso dell'immagine finirà per svalutare e soppiantare la lingua?).

Tutto secondo le attese, dunque? In gran parte sì. Ma c'è anche qualcosa di inatteso. Quello che più dà del filo da torcere agli amanti della lingua italiana non pare essere l'uso dei pronomi, o il congiuntivo, o il forestierismo, bensì, sorprendentemente, il gerundio. Non c'è numero della rivista in cui tale forma verbale non risulti argomento di discussione: si può iniziare un periodo con il gerundio? (certo che si può: già in «Lingua Nostra» del 1941 si giudicava, testualmente, una scempiaggine la norma che lo vietava); è opportuno sostituire il gerundio con una corrispondente proposizione esplicita? (non esistono particolari norme grammaticali che vietino o sconsiglino l'uso del gerundio in luogo di una proposizione esplicita); può il gerundio assumere la funzione di un modo verbale finito? (ma l'esempio addotto dal lettore - un brano di B. Placido - è fallace: il gerundio sembra posto in una principale solo a causa dell'uso particolare della punteggiatura da parte dell'autore).

Domande e risposte sul gerundio esemplificano bene il clima generale della rivista: lettori con forti timori di usare male la lingua, anche quando il loro uso è correttissimo e accademici che tentano di sdrammatizzare le false paure dei parlanti; lettori spesso puristi e cruscaioli, accademici che spiegano i fenomeni, illustrano le ragioni di crisi di alcuni "pezzi" della lingua italiana, ma evitano di dare norme risolutive, o norme autoritarie. E' in questo atteggiamento che sta il maggior merito della «Crusca per voi» (formulazione che l'Arciconsolo Nencioni preferisce alla più artificiale «de "La Crusca per voi"», e noi seguiamo il suo parere); ed è per questo che si deve augurare lunga vita alla rivista, nella speranza che possa contribuire a sviluppare un uso sicuro ma non ansioso della lingua italiana.

Michele A. Cortelazzo

«Corriere del Ticino», sabato 25 aprile 1992, p. 35