Cronache linguistiche
Lingue tutelate


Qualche mese fa alcuni settori del mondo della cultura italiana e gran parte dell'ambiente giornalistico italiano è stato scosso da una polemica relativa all'approvazione, da parte della Camera dei Deputati, di una legge per la tutela delle minoranze linguistiche non ancora tutelate dalla Repubblica italiana. La polemica assunse toni virulenti, non sempre suffragati da ineccepibili dati di fatto; tra i partecipanti alla diatriba le voci critiche superarono, per numero, i difensori della legge (basti pensare che tra i linguisti Tullio De Mauro, favorevolissimo a questa legge, è rimasto quasi solo nella sua difesa).

Ora, come spesso accade alle polemiche amplificate dai giornali, il silenzio è subito seguito al clamore. Ma il silenzio aiuta la riflessione; e quindi il momento pare buono per riflettere, sia pure con la ineliminabile soggettività, su aspetti positivi e aspetti negativi della legge.

Cosa dice la legge? Dice anzitutto che la "la Repubblica tutela la lingua e la cultura delle popolazioni di origine albanese, catalana, germanica, greca, slava, zingara e quelle parlanti il ladino, il francese, il franco-provenzale e l'occitano"; "tutela, altresì, la lingua e la cultura delle popolazioni friulane e sarde". I cittadini che parlano queste lingue possono chiedere (se sono almeno il 15% della popolazione) che nel loro comune si realizzi la tutela prevista dalla legge. Se questo avviene, la lingua minoritaria nelle scuole materne sarà quella in cui si svolgono le attività educative; nelle scuole elementari verrà utilizzata (assieme all'italiano) per l'alfabetizzazione; nelle scuole medie potrà essere insegnata (ma sono previsti esoneri per gli studenti non interessati); la lingua sottoposta a tutela potrà poi essere usata negli uffici pubblici, e nelle riunioni degli organi elettivi; il toponimno locale potrà affiancarsi a quello italiano; la RAI-TV sarà tenuta a trasmettere programmi nella lingua tutelata.

Che dire? Innanzi tutto che è una legge ben studiata, anche se non sempre ben leggibile, e non demagogica (ma questo non garantisce che sia concretamente applicabile). Interessante il fatto che definisca le lingue sottoposte a tutela, ma non le aree in cui la tutela si attua; che richieda l'iniziativa dei cittadini interessati, perché si metta in moto il meccanismo di difesa della lingua minore; che sia previsto l'esonero dalle attività svolte nella lingua di minoranza per gli studenti non interessati.

Ma ci sono dei punti deboli, piccoli e grandi. Limitandoci al campo scolastico, la legge non specifica, demandando il problema a successivi provvedimenti ministeriali, se le attività didattiche relative alla lingua tutelata si aggiungono al normale orario scolastico (che è sempre più gravoso per i bambini italiani), o si sostituiscono a qualche altra materia. Non è un problema da poco, visto anche che la scuola italiana viene di giorno in giorno caricata di nuovi compiti (educazione sanitaria, ora educazione stradale, in futuro educazione sessuale), senza che appaia in grado di sviluppare fino in fondo gli obiettivi che tradizionalmente ci aspettiamo di veder raggiunti dalla scuola (i banalissimi leggere, scrivere e far di conto).

La legge non spiega, poi, cosa succede ad un bambino italofono (sono sempre più i bambini che hanno l'italiano come lingua materna) che frequenti un asilo di un comune tutelato: deve frequentare una scuola nella quale si usa la lingua della minoranza che non è la sua lingua degli affetti?

E c'è la questione di fondo: sia pure in un comma diverso, e con una formulazione diversa da quella relativa alle altre lingue sottoposte a tutela, la legge prende in considerazione il sardo e il friulano, ma non, che so, il lucano o il trentino, che non si trovano in una situazione sociolinguistica molto diversa da quella dei due idiomi protetti dalla legge. Ed allora, che si fa? Si discriminano lingue tutelate e lingue non tutelate (perché, si sa, dal punto di vista linguistico tutti i dialetti sono lingue)? Sarebbe un'ingiustizia! Si prevede di estendere la tutela ad ogni dialetto? Sarebbe, a mio parere, uno spreco di risorse. Si tolgono dal novero delle lingue tutelate il sardo e il friulano? Pare un'eresia scriverlo.

Ma qualche decisione bisognerà prenderla, perché su questo punto la legge è incoerente. I problemi si riproporranno, certamente, quando il Senato si troverà a sua volta ad esaminare questa legge. Ed allora saranno in tanti a riparlarne.

Michele A. Cortelazzo

«Corriere del Ticino», sabato 28 marzo 1992, p. 35