Ma una lingua semplificata è più a rischio di scomparsa


ROMA - «Oggi l' inglese è una lingua più potente di quanto non fosse il latino all' inizio del XVI secolo. Non è solo la lingua dei dotti ma è anche la lingua dei viaggi e ciò, pur essendo la sua forza, lo espone ai rischi maggiori: tanto più una lingua è parlata dai non nativi tanto più si contamina, si impoverisce. Questo ha segnato la fine del latino dell' età imperiale e la nascita delle lingue romanze. Potrebbe succedere anche con l' inglese». Michele Cortelazzo, docente di linguistica italiana all' Università di Padova non crede però che l' inglese perderà presto lo scettro di re delle lingue. Cosa lo rende così resistente rispetto a idiomi più parlati come spagnolo e cinese? «La potenza della cultura scientifica e dell' economia americana ma anche fattori interni alla lingua. Una grammatica semplice, la facilità con cui si pluralizzano le parole e si declinano i verbi. Il fatto di essere scritto con l' alfabeto latino. Questo lo rende un esperanto pur essendo una lingua reale». Eppure alcuni linguisti ne profetizzano il declino come lingua globale. «Se si guarda alla storia delle lingue la decadenza dell' inglese non deve stupire, è successo già con il francese, ma è uno scenario che non riesco a immaginare. India e Cina, centri dell' economia mondiale, hanno lingue difficili: se si affermasse l' hindi sarebbe un ritorno al passato visto che l' indoeuropeo nasce lì; quanto al cinese ha una grafia e una struttura troppo complesse per diventare una lingua diffusa». Cosa potrebbe uccidere l' inglese? «L' eccessiva diffusione di un inglese troppo semplificato, un "globish" esasperato, una lingua così povera da comunicare poco».

Paola Coppola

«Repubblica», mercoledì 11 aprile 2007, p. 19