Un manuale di Michele A. Cortelazzo e Federica Pellegrino per insegnare agli enti pubblici a parlar chiaro
Il linguista in guerra col burocratese
Un'esperienza padovana che ha fatto scuola. Ma la sanità deve ancora imparare

"Ogni giorno (...) centinaia di migliaia di nostri concittadini traducono mentalmente con la velocità di macchine elettroniche la lingua italiana in un'antilingua inesistente. Avvocati e funzionari, gabinetti ministeriali e consigli d'amministrazione, redazioni di giornali e di telegiornali scrivono parlano pensano nell'antilingua".

Era il 1965 quando Italo Calvino così commentava, in "Una pietra sopra", il paziente lavoro del brigadiere che trascrivendo le parole di un interrogato traduceva "stamattina" con "ore antimeridiane" o "fiaschi di vino" con "prodotti vinicoli".

A tanti anni di distanza c'è chi, imperterrito, continua a pensare che le persone non muoiono, ma "vengono a mancare", e chi invece contro l'antilingua ha ingaggiato una cruenta battaglia, per semplificare, chiarire, esplicitare. I primi non siedono solo, come si è portati a pensare, dietro le pubbliche scrivanie e gli sportelli ministeriali, ma anche negli uffici comunicazione di tante aziende private (dalla farmaceutica all'elettronica), oppure nelle compagnie erogatrici di servizi, o nelle amministrazioni dei condomini. Fra i secondi va invece inserito, di diritto, il linguista padovano Michele A. Cortelazzo, che della battaglia contro il burocratese (così potremmo aggiornare l'"antilingua" di Calvino) è stato un pioniere, non solo con i suoi libri e le sue ricerche, ma anche intervenendo direttamente sul campo: a lui si deve infatti il primo esperimento di semplificazione del linguaggio burocratico attuato nella scorsa legislatura nel Comune di Padova (ora l'esperienza è "rientrata"), che ha dato come risultato non solo manifesti, ordinanze, comunicazioni finalmente comprensibili, ma anche una nuova mentalità - più aperta alle esigenze del pubblico - fra gli impiegati e i funzionari coinvolti. «In questo gli enti pubblici, e in particolare i comuni, sono più avanti dei privati», commenta lo studioso. Basta prendere in mano un foglietto illustrativo di un medicinale (noto come "bugiardino") oppure il manuale di un elettrodomestico, per rendersene conto.

Ora quell'esperienza, poi mutuata anche all'interno dell'Università, al Cuoa, e presto anche nei Comuni di Schio e Cadoneghe e all'Usl di Ragusa, viene illustrata in un libro che Cortelazzo ha scritto con la logopedista padovana Federica Pellegrino, dal titolo "Guida alla scrittura istituzionale" (Ed. Laterza, pp. 146, € 15). Il libro insegna a scrivere chiaro e a farsi capire, a partire da una trentina di regole che prescrivono tra l'altro di individuare il destinatario del messaggio e i contenuti da trasmettere, organizzare il testo e semplificare la sintassi, evitare l'impersonale e preferire le affermative.

Un'esperienza pilota, che poi ha coinvolto anche la città di Lucca, l'università di Pisa, la Regione Molise, il Ministero del Tesoro e l'Agenzia delle entrate, che il 23 settembre presenterà a Roma il manuale di scrittura amministrativa.

Chi, fra gli enti pubblici, si fa capire meglio, chiediamo a Cortelazzo.

«In genere nel pubblico una certa sensibilità si è fatta strada - è la risposta - in particolare negli enti come i comuni che sono i più vicini ai cittadini. Qualche ritardo lo registro fra le forze dell'ordine, che a volte emettono comunicazioni o verbali di assai scarsa leggibilità, ma anche nella sanità, dove permane un'impostazione "tecnicistica" spesso non giustificata, ad esempio nelle lettere di dimissioni degli ospedali: io capisco che sia necessario distinguere una cefalea da un'emicrania, ma espressioni come "l'insorgere di una sindrome da deficienza..." oppure "a carico del fegato", penso che si potrebbero semplificare».

E le società della luce o dei telefoni?

«In genere Telecom e Enel comunicano con efficacia, un po' meno Wind. Noto spesso, però, che nel settore privato ad un'impaginazioni dei messaggi (anche illustrati) varia e vivace non corrispondono testi altrettanto efficaci: segno che su questo non si investe...»

Sergio Frigo

«Il Gazzettino», giovedì 17 settembre 2003, p. 11.