RIVOLUZIONI LINGUISTICHE / L'ITALIANO DI FINE MILLENNIO
Parliamoci in under-18

L'avete mai sentito un gruppo di ragazzi salutarsi al grido di bella!, con la mano destra in alto? Inutile cercare la fighetta della comitiva. La parola vuol dire ciao. Ed È pure inutile cercare di scoprire l'origine di questa sorta di saluto, chi l'abbia inventato. Di certo c'è solo che bella, ormai, lo dicono tutti. Tutti gli under 18 naturalmente. Per capirsi tra di loro, ma soprattutto per non farsi capire dagli adulti.

È il nuovo linguaggio giovanile di fine Millennio. Uno slang scherzoso, ludico, creativo e fantasioso. Fatto di sigle e metafore inventate, rielaborate, accorciate, raddoppiate. Tentano gli studiosi di codificarle e intrappolarle in pensosi dizionari. Fatica sprecata. Sempre di più le parole dei giovani sono meteore velocissime che, dicono gli esperti, durano al massimo una decina d'anni e poi scompaiono. Di vocabolari, in realtà, negli ultimi anni ne sono stati compilati a bizzeffe: da "Il linguaggio giovanile degli anni Novanta" curato per la casa editrice Laterza da Emanuele Banfi e Alberto Sobrero (1992), fino a "Peso vero sclero" di Gian Ruggero Manzoni (il Saggiatore, 1997). Ora arriva "Linguagiovani", il primo dizionario online. Dato che il linguaggio dei teen-agers si muove con tanta rapidità, l'unica è stargli dietro in tempo reale. Questo deve aver pensato Michele Cortelazzo, docente di Filologia neolatina all'università di Padova, che ogni giorno accende il computer per vedere quanti nuovi lemmi e fonemi sono arrivati al suo indirizzo e-mail. E sono direttamente i ragazzi a segnalarglieli, inviando schede firmate e con la propria città d'origine. Perché alla radice del linguaggio giovanile spesso c'è, opportunamente rielaborato, il dialetto. Di più. Secondo Edgar Radtke, docente di linguistica italiana all'università di Heidelberg nonché uno storico dell'argomento visto che sta per mandare in stampa un "Dizionario della lingua parlata dei giovani italiani 1982-1992", questa nuova lingua .via via, negli ultimi venticinque anni, si è andata affinando come realizzazione linguistica che sostituisce il dialetto a livello di parlare emotivo, affettivo e informale. Spiega lo studioso: "Fino agli anni '50-60 si usava l'italiano per le situazioni formali e il dialetto per quelle colloquial-familiari. Da quando nel nord-ovest e nel centro Italia il dialetto è quasi scomparso, il bisogno di comunicare con emotività ha contribuito a creare il linguaggio giovanile. Che nel Sud si è sviluppato con dieci anni di ritardo. Solo oggi se ne vedono i primi accenni".

All'origine, dunque, e siamo a Milano all'inizio degli anni Ottanta, fu il gergo paninaro reso celebre dal "Drive In" televisivo di Antonio Ricci ed Enzo Braschi. Certo, se ora dici .galloso. (favoloso, stupendo, dal gallo sul piumone Monclair, quello dei paninari doc) sei proprio un cacirro, una persona fuori moda oppure fai rate cioè, come si direbbe papale papale in italiano adulto, fai schifo. Perché da allora, mille altri nuovi slang sono venuti alla ribalta. Con tutto il loro peso. Spiega Gian Lorenzo Coveri, filologo all'università di Genova: "Se fino al '68 quella dei ragazzi era una realtà marginale e a loro non si chiedeva altro che diventare adulti, adesso il mondo giovanile, dallo sport alla musica al look e a ogni altro tipo di consumo, è sempre più visibile, sotto i riflettori".

Eccole, allora, le nuovissime parole di questo linguaggio giovanile. Che, secondo il professor Cortelazzo, si auto-alimentano attraverso processi di formazione interna. Il più vistoso è lo scorciamento: dove mate sta per matematica, vaitra per vai tranquillo e seico per sei coglione. Ma anche il raddoppio va forte: guardate come impazza, a "Striscia la notizia", il molto molto del comico Dario Ballantini, pseudo stilista Valentino (Molto molto chiffon!). O il ciao ciao.

Altro serbatoio inesauribile sono i forestierismi, parole che di straniero, però, mantengono solo la faccia. Dall'inglese, ora reale ora improbabile, arrivano, per esempio, parents e genitors (i genitori), o stoned (sta per stonato). Molto più esilaranti e allusivi sono gli ispanismi: come vamos a la playa, per dire si va in piazza, l'intramontabile no tengo dinero o il cucador, quello che fa la corte alle ragazze. Di vocaboli tedeschi Radke ne ha trovati invece solo uno: blitz, nell'espressione sei proprio un blitz per dire che non capisci niente. E pazienza che in tedesco blitz voglia dire guerra-lampo, cioè tutto il contrario.

Invenzioni ludiche e fantasiose, quindi. Ma fatte da esperti. Un gioco linguistico che può permettersi chi l'italiano e le lingue straniere le conosce e le parla. Secondo Claudio Giovanardi, docente di Didattica della lingua italiana all'università Roma 3, il linguaggio giovanile ha un marchio d'appartenenza preciso, caratterizzato dall'estrazione sociale: "C'è quello scherzoso e innovativo degli studenti acculturati delle classi più elevate, in grado di usare anche la lingua formale, ufficiale e seria", spiega il professore: "I giovani di borgata, invece, più svantaggiati e meno scolarizzati, hanno come unica risorsa linguistica il loro parlato. Che ha ancora una forte componente dialettale e che attinge a gerghi molto specialistici". Come quello motoristico, ad esempio. Svalvolato, a Roma, è chi sta fuori di testa, come un motore che va fuori giri. Mentre dal sottobosco della droga arrivano sballato, para e rota (depressione).

Senti chi parla

Soprattutto È il mondo dei media che offre una fonte, e contemporaneamente uno specchio, al linguaggio giovanile. Diffondendo e riproducendo neologismi, metafore, giochi di parole. Ieri non si riusciva a sfuggire ai tormentoni arboriani di "Quelli della notte", dai nanetti al brodo primordiale fino al non capisco ma mi adeguo. Poi è venuto il trionfo dei Lorenzo, ragazzi sciamannati e sdruciti che, sulla scia del successo degli show demenzial-chic dei fratelli Guzzanti, non sapevano più dire altro che da paura., quelo e la seconda che hai detto. Alla radio, oggi la linea la danno i disc jockey.

Massimo Moneglia, ricercatore presso il dipartimento di Linguistica dell'università di Firenze e autore dello studio "La lingua delle radio locali giovanili" (pubblicato nel volume "Gli Italiani trasmessi: la radio" a cura dell'Accademia della Crusca), di trasmissioni dedicate ai giovanissimi ne ha ascoltate per ore e ore. Concentrandosi soprattutto su quelle di Albertino, sovrano dei disc jockey italiani e leader del network nazionale Radio Deejay. Dice Moneglia: «Con i loro jingles, gli enunciati brevi, le vocine e le interiezioni più pazzesche, i d.j. inventano un tipo di lingua molto colloquiale e simile al parlato diretto dei giovani». Sarà per questo che moltissimi di loro, ogni sera, corrono a sintonizzarsi sull'emittente tv Mtv e sulla sua star, il d.j. Andrea Pezzi. Che, inquadrato con una telecamera dall'alto a effetto deformante, parla a mitraglia impastando energia, iper-tecnologia e creatività.

E non dimentichiamo il cinema, come modello di slang e tic linguistici. Alzi la mano chi, dei ragazzi d'oggi, non ha ancora gridato dietro a una ragazza qualcuna delle fulminanti battute di cui Carlo Verdone ha infarcito il suo ultimo film campione d'incassi "Gallo Cedrone". Come "Che bel sorriso verticale, chi te l'ha scolpito, Michelangelo?". Oppure: "Che bel panettone che c'hai, quand'è che lo scartamo?". Fino a: "Lo sai che c'hai un sito da paura...Te c'hanno mai cliccato sopra?".

Già, il linguaggio informatico: le parole del mondo dei computer entrano a passo di carica nel lessico dei giovani. A sedurli sono soprattutto le forme abbreviate, rapide e incisive: come nick per dire nome (da nickname, il soprannome da scegliere per entrare nelle chatline, le linee telematiche di chiacchiere), o mandami una mail al posto di scrivimi una lettera oppure non me ne importa un bit.

Ancora, scrivono sui muri appassionati messaggi d'amore condensati in sigle come T.V.B (ti voglio bene) o 6 bella (sei bella). Ma quante di queste espressioni giovanili sono in grado di ballare per più estati e sopravvivere al passar del tempo? Certo, oggi matusa e gettonare sono proprio "vetero". Ma è anche vero, come fanno notare gli esperti, che parole come casino, sgamare e cuccare sono ormai entrate con tutti i crismi nel vocabolario Zingarelli. Insomma, sono a pieno titolo lingua italiana.

Maria Simonetti

«Espresso», 19 novembre 1998, pp. 176-185