Muore il linguaggio paninaro, trionfano neologismi ma anche vecchie parole
"Addio genitors, vado alla playa"
Così cambia lo slang dei giovanissimi

Una ricerca dell'università di Trieste svela il gergo di moda dei teen-ager. Fare l'amore si dice "bum bum", ma l'innamoramento si chiama ancora "cotta"

di MARIA NOVELLA DE LUCA

ROMA - «Come stai? Schifo. Pat, pat, non te la prendere. I genitors rompono? Seico se li lasci comandare. Vamos alla playa stasera, c'è una tizia mitica, solo che è un po' anoressica, è fuori come un balcone. Ma ci senti o sei Amplifon?». Traduzione delle parole difficili. Seico, in gran voga, è l'abbreviazione di sei coglione. Vamos alla playa vuol dire, a differenza del significato in spagnolo, vediamoci in piazza. E Amplifon è l'irriverente traduzione per sordo.

Dialogo immaginario tra due teen-agers dell'ultima, anzi dell'ultimissima generazione. Voci da un pianeta linguistico in perenne mutamento, pieno di gerghi e di slang che nascono, muoiono, e si mescolano con la velocità della luce. Echi che raccontano canzoni, graffiti, Tv, fumetti, doppi sensi. Eppure in questo sorgere e tramontare delle parole ce ne sono alcune che restano, sopravvivono alla fugacità del momento, e diventano parte integrante del vocabolario. Un esempio? Prendersi una «cotta», che equivale all'inizio dell'innamoramento, ma poi resta lì, allo stato appunto di «cotta». Si diceva negli anni '70, si dice oggi. Dov'è finito invece il termine «tamarro», ossia rozzo, o «cuccare», cioè acchiappare la preda designata? Proprio alla durata delle parole coniate dal mondo giovanile ha dedicato una ricerca uno storico della lingua italiana, Michele Cortelazzo, docente all'università di Trieste. I suoi allievi hanno esaminato il lessico di 1.200 studenti di tutta Italia, tra i 14 e i 18 anni. E il dato più evidente è la morte di quel gergo rubato dalla televisione, che negli anni '80 aveva conquistato i giovanissimi. E' scomparso insomma lo slang «paninaro», lanciato dalla trasmissione «Drive in» di Antonio Ricci, che aveva diffuso vocaboli come «sfintizia», «cuccare», «truzzo», «tamarro». «I nuovi programmi-fenomeno. il Karaoke di Fiorello, o Ambra – spiega il professor Cortelazzo – non hanno avuto grande presa sul vocabolario collettivo. Invece si possono individuare un buon numero di parole che sembrano 'trasversali' alle generazioni. I genitori venivano chiamati matusa vent'anni fa e ancora oggi, nel Nord, questo termine è usatissimo. Essere una frana è ormai entrato nel lessico comune per indicare chi non riesce a combinare nulla, cosi come l'esagerazione degli aggettivi. Per i ragazzi non ci sono vie di mezzo: tutto è mitico, pazzesco, nel bene e nel male».

Accanto però alle parole «durature» ce ne sono di nuovissime: se Amplifon dalla pubblicità di un noto apparecchio acustico, vuol dire sordo, Osram cioè lampada è il sinonimo di abbronzato, cosi urlare Drin a qualcuno equivale a gridargli «Svegliati». E mentre resiste il grande bestiario delle ingiurie (sei scemo come un Tonno, brutta come una Cozza, moscio come un'Ameba, schifoso come un Mollusco), il lessico dei ragazzi anni '90 «gronda» di fumetti. Spiega ancora il professor Cortelazzo: «Se stai male un amico ti dice Pat pat, un buon gelato è Slurp, se hai paura puoi esclamare Gulp». Fare l'amore? Tra i giovanissimi è «fare bum bum, zac zac, e ogni espressione che dia il senso di ripetizione». Forse però il fenomeno più curioso è «l'iberizzazione» di molte parole delle tribù giovanili. «Ma perchè i ragazzini per dire «No» rispondono Nada? O chiamano i bidelli Las Guardias? Il successo dei famosi Righeira o della musica latino-americana non basta a spiegare il fenomeno». Quién sabe risponderebbero i giovanissimi.

«La Repubblica», venerdì 27 gennaio 1995, p. 22.