Cronache linguistiche
Quando l’anglismo è usato con consapevole ironia


È uscito da poco da Adelphi un bel libro di Daniele Rielli, «Storie dal Mondo Nuovo». L’autore è giovane giornalista e scrittore che è diventato famoso con lo pseudonimo Quit the doner, soprattutto grazie all’articolo (uscito nel 2013 nel suo sito www.quitthedoner.com) «5 buoni motivi per non votare Grillo», che ha raccolto 184 mila like e 650 mila lettori, e ha vinto il Macchianera Italian Awards come miglior articolo del 2013 con oltre 10 mila voti.

Daniele Rielli coltiva, con indubbia maestria, un genere giornalistico non più molto diffuso: il reportage. I suoi reportage, ampi, approfonditi, ricchi di storie e informazioni, vengono periodicamente raccolti in volume. «Storie del Mondo Nuovo» è uno di questi libri. Un capitolo, «L’anomalia» (inizialmente uscito sull’«Internazionale», col titolo «Vita da pokerista»), contiene un’inchiesta sui giocatori di poker online. Nel capitolo ci sono brani come questo: «Per giocare una mano di Texas hold’em no limit due dei giocatori a rotazione devono mettere un buio (blind), ovvero un piccolo quantitativo delle proprie chips, e in cambio si ricevono due carte che rimangono coperte. Ci sono inoltre cinque carte in comune che vengono girate in tre fasi diverse: le prime tre vengono rese pubbliche assieme (flop) la quarta da sola (turn) così come la quinta (river). In ognuna delle fasi di gioco è possibile abbandonare il gioco (fold), starci senza puntare (check), puntare (raise), pareggiare la puntata degli avversari per continuare a giocare la mano (call)». Rielli spiega che «ci possono essere giorni in cui perdi delle finanziarie, e alla lunga questo può diventare un grosso problema per il tuo bankroll, il rischio è quello di andare broke». E glossa: «tradotto in italiano: rischi di finire sul lastrico, a un pro può capitare spesso». Oppure intervista giocatori che dichiarano: «Ormai preferisco stakare giocatori più giovani, ovvero finanziarli in cambio di una parte dei ricavi».

Insomma, «L’anomalia» è un capitolo che sembra cedere a uno degli obblighi della modernità, quello di infarcire l’italiano, anche ricco e scorrevole del giornalista, con caterve di inutili parole inglesi. Ma qui l’uso dell’inglese è parte essenziale del reportage, è esso stesso oggetto dell’inchiesta. Per questo il libro di Rielli è di sicuro interesse anche per chi si occupa di lingua. Del resto, ve lo immaginate un articolo sugli addestratori di pastori tedeschi senza alcun tedeschismo come sitz, bleib, platz, o uno su qualche cuoco rinomato, senza francesismi come aspic, caramel, civet, crème, crèpe, flambée, gratin, julienne? Ma anche un articolo, in qualsiasi lingua, sulla musica farebbe fatica a espungere italianismi come adagio, andante, con moto, allegro, vivace, presto.

Rielli gli anglismi non li poteva proprio evitare. Ma li ha usati con consapevolezza, per dare l’atmosfera dell’ambiente. E ci ha giocato con ironia: «Non è un caso che nella lingua del poker, che è di stretta derivazione inglese (rinforzare il mindset per uscire dal downswing ed evitare di andare broke è una frase che potreste tranquillamente sentire in un’intervista), il solo termine di slang autenticamente autarchico che sembra sopravvivere a qualsiasi forma di contaminazione sia: sculare. Si intende ovviamente to be lucky, espressione che forse in originale suonava un po’ volgare». Anche per questo, le «Storie dal Mondo Nuovo» sono un libro da leggere.

«Corriere del Ticino», lunedì 6 febbraio 2017, p. 26