Cronache linguistiche
La difesa dell'italiano ai tempi di Facebook


Il nuovo grande luogo di incontro anche degli Italiani è Facebook. Secondo alcuni rilevamenti, circa un terzo della popolazione italiana dichiara di usare questa forma di comunicazione. Facebook serve a comunicare tra amici, serve a condividere in rete foto, filmati, audio, pensieri, ma serve anche a socializzare le opinioni. Il modo principale per fare questo è iscriversi ai gruppi liberamente creati da singoli utenti. Tra questi gruppi ce ne sono molti che riguardano la lingua italiana.

I temi trattati sono più o meno gli stessi che formano oggetto di discussioni nei giornali, alla radio, in Internet. A farla da padrone è, prima di tutto, la supposta necessità di salvare il congiuntivo. Il gruppo "Lottiamo contro la scomparsa del congiuntivo" ha più di 87.000 aderenti, ma poi ci sono i quasi 5.000 di "Quelli che difendono il congiuntivo", i quasi 2000 di uno dei tanti "salviamo il congiuntivo", gli oltre 1000 semplicemente fan del "congiuntivo", e poi tanti altri gruppi di dimensioni minori, intenti a salvare, difendere, proteggere il congiuntivo, a farsene paladini, a esserne amici. E ci sono anche quelli che, colti da "pietas", vorrebbero regalare un congiuntivo a Di Pietro. In realtà, il gruppo più numeroso non si occupa solo di congiuntivo: infatti, è "dedicato a tutti quelli che soffrono d'orticaria quando sentono bestie parlanti usare l'indicativo e il condizionale al posto del congiuntivo. Non saper usare il congiuntivo non vuol dire essere moderni: vuol dire semplicemente non saper parlare correttamente l'italiano. Ma non di solo congiuntivo si vive in questo gruppo!". All'interno di queste pagine c'è anche una sezione dedicata all'italiano del Ticino.

Altri utenti di Facebook sono in apprensione per la punteggiatura(ad es., più di tremila persone lottano contro la scomparsa del punto e virgola), molti altri sono preoccupati per l'ortografia: dai difensori dei "monosillabi ingiustamente colpiti da accento", a chi ricorda che "un accento NON è un apostrofo" (soprattutto in riferimento a "po'" scritto spesso "pò") o che "qual e' si scrive senza apostrofo!"; c'è chi non ce la fa più a sentire ogni tre parole un "assolutamente" o vuole abolire "piuttosto che", e quelli che ce l'hanno contro la scrittura da telefonino ("Sopprimiamo chi a 30 anni skrv ankora kosì", "facciamo scomparire l'odiata K dagli scritti!". E chi ne fa una missione di salvezza individuale: "Aiutiamo Gemma con la grammatica e il problema di entrare e centrare...".

La lotta in difesa della lingua italiana non sembra, però, votata a un successo certo, se un gruppo sbotta: "se ti insegno k qual è si scrive senza apostrofo xkè continui imperterrito?", o se nascono gruppi di resistenza antigrammaticale: "Boicotta il congiuntivo", "il vero latin lover è quello che sbaglia i congiuntivi!" e "per chi non può sopportare l'accademia della crusca!!!!".

Del resto gli stessi difensori della lingua italiana avrebbero bisogno di qualche sostegno: c'è chi vuole vedere "un po'" come risolvere la questione del passato prossimo e del passato remoto; o chi, ancora, sostiene che "se c'è un "che", devi mettere il congiuntivo" (ma cosa dovrei dire: "affermo che oggi faccia freddo"???? Ma cosa c'è da aspettarsi: è lo stesso promotore che non riesce a scrivere "congiuntivo" senza doppie enne!). Del resto è lo stesso gestore di Facebook ad avere un'idea molto approssimativa dell'italiano. Scrive ad esempio, con la complicità dei traduttori automatici: "Un ulteriore uso improprio delle funzioni del sito potrebbe risultare in un blocco temporaneo o permanente del tuo account", "Stai per segnalare una violazione dei nostri Condizioni d'uso", "Questa è la tua tema copyrite?".

Per questo il linguista tira un enorme sospiro di sollievo quando si imbatte nel Comitato contro l'abuso della D eufonica nei fumetti ("Contro l'abuso della D eufonica nei fumetti, frutto delle lezioni dei nostri maestri elementari che hanno rovinato per sempre intere generazioni di scrittori e lettori"). Finalmente qualcosa di saggio!

Michele A. Cortelazzo

«Corriere del Ticino», sabato 11 aprile 2009, p. 23