Cronache linguistiche
Il Premio Strega: un tesoro per la storia della lingua italiana


La casa editrice UTET, in collaborazione con Fondazione Bellonci, ha ripubblicato le 60 opere vincitrici del Premio Strega, integrate da altri 40 romanzi presentati allo stesso premio e risultate particolarmente significative nel panorama letterario italiano degli ultimi decenni. I romanzi sono raccolti in una versione elettronica, indicizzata e interrogabile, a costituire quello che è veramente il «Primo Tesoro della Lingua Letteraria Italiana del Novecento», come dice il titolo dell’edizione in CD-Rom, curata da Tullio De Mauro. De Mauro ci ha anche dato una ricca introduzione, che è qualcosa di più di una semplice presentazione del progetto, ma è già un’ottima dimostrazione di quali conoscenze sull’italiano del Novecento possiamo ricavare da quest’opera.

Non so se si può essere davvero d’accordo con De Mauro quando sostiene che «se non tutto il meglio, certo una gran parte del meglio della prosa letteraria del Novecento è passata al vaglio del Premio ed è consegnata ai romanzi dei vincitori e di molti dei partecipanti». So, però, che lo studio del lessico italiano, e in parte della sua grammatica, aveva tratto grande giovamento dalla costituzione della «Letteratura Italiana Zanichelli», corpus elettronico di 1000 testi della tradizione letteraria, anch’esso indicizzato e interrogabile, che giunge, però, per ragioni legate alla tutela del diritto d’autore, solo ai primissimi anni Trenta del Novecento. Per la storia linguistica più recente era necessario ricorrere alla lettura diretta e alla schedatura manuale dei testi: attività magari più attraente dell’interrogazione automatica di un corpus elettronico, ma certamente più faticosa e portatrice di risultati meno sistematici di quelli che si possono trarre dall’esame di archivi elettronici.

Il «Primo Tesoro della Lingua Letteraria Italiana del Novecento», e la collana cui è collegato, è certamente importante e interessante sia per l’appassionato di letteratura contemporanea che, su carta o su supporto elettronico, può attingere a romanzi che hanno avuto ampia diffusione negli ultimi sessant’anni, sia per lo studioso di lingua che può trovare con facilità una messe cospicua e interessante di dati a partire dai quali può approfondire la descrizione della più recente evoluzione dell’italiano.

Ma già i risultati presentati da De Mauro nell’introduzione sono di grande interesse, perché non sempre ovvi e attesi. Pensiamo ai dati sui dialettalismi. Sui 65.875 lemmi complessivi della raccolta, i dialettalismi sono 3.688, cioè il 5,59% dell’intero lemmario, ma coprono solo lo 0,24% delle parole che costituiscono l’intero corpus. Tra queste dominano, come il lettore già si sarà immaginato, le parole romanesche (che costituiscono addirittura il 65,69% delle occorrenze dialettali), i napoletanismi e le parole ciociare o più generalmente laziali. Meno attesi, forse, i dati sui dialetti settentrionali, scarsamente presenti, tranne il veneto, che raggiunge un significativo 5,09% delle occorrenze dialettali. Ben più rari gli altri dialetti. Il Settentrione si impone invece, a sorpresa, nel campo dei regionalismi: i settentrionalismi sono 338, contro i regionalismi meridionali, che sono 231, i toscanismi, 196, i regionalismi dell’Italia centrale, 178.

Ben più frequenti i forestierismi, che ammontano a 8.803 parole diverse (il 13,36% del lemmario, e lo 0,43% del totale delle occorrenze). Tra questi prevalgono non gli anglismi come si potrebbe pensare (sono al secondo posto con 7.990 occorrenze), ma i francesismi: 11.647 occorrenze. Seguono i tedeschismi, 3.159, gli ispanismi, 687, e via via le altre lingue, rappresentate spesso quasi solo da nomi propri (come Ingrid Bergman per il norvegese, Chopin per il polacco).

Da questi dati si deduce che l’impressione che abbiamo della lingua dei romanzi italiani non è sempre conforme ai fatti. Continuiamo, allora, a sfruculiare il «Primo Tesoro della Lingua Letteraria Italiana del Novecento»: tireremo fuori, certamente, più di un’informazione inattesa.

Michele A. Cortelazzo

«Corriere del Ticino», sabato; 20 ottobre 2007, p. 30